ABBANDONARSI ALLA QUIETE (1983) Italia. Durata 82’

Sinossi
Il ventenne Alessandro vive una profonda crisi esistenziale che lo porta ad idealizzare la realtà e a negarsi le ragioni del suo malessere. Nel corso di un’intera giornata, trascorsa in gelida solitudine, egli scruta sé stesso – tra introspezione e rimembranza – scoprendosi senza presente né futuro.
Note di regia
Molti giovani – figli del benessere – hanno solo parzialmente coscienza delle ragioni del proprio disagio esistenziale. Una mancata percezione, che è alibi inconsapevole della scelta del volontario isolamento; l’assenza/esclusione dei genitori, conseguenza della difficoltà/impossibilità di dialogo e confronto. L’idea del film è nata da tali riflessioni e dalla necessità di addentrarmi in un’attenta lettura della realtà, con il proposito di prescindere dal racconto così come s’intende convenzionalmente; uno scardinamento della sintassi filmica, la cui funzione è stata quella di conferire alle immagini una valenza principalmente simbolica. Prima del racconto di una vicenda – nel film c’è un unico protagonista che ‘dialoga’ con interlocutori-fantasmi – è la rappresentazione di una condizione esistenziale: disagio dell’essere al mondo’; labirinto di sentimenti negati, e incomunicabilità anzitutto con il presente. Il desiderio di ribellione frustato, che è già sconfitta.
Da un punto di vista strettamente estetico, la realtà-quotidianità si trasfigura, così, in un paesaggio ‘altro’: a quello urbano, fa da contraltare lo ‘spazio astratto’ dove risiede la quiete, quando si rivela deriva della scelta di solitudine. In tal senso, la crisi esistenziale del protagonista è immagine della crisi identitaria di una generazione senza più ideali, che ha rinunziato ad interrogarsi. E alla speranza.
Regia: Roberto Petrocchi, Soggetto e Sceneggiatura: Roberto Petrocchi, Produzione: Cineasti Riuniti Cinema e Società
Interpreti: Alessandro Garofani (Alessandro), Riccardo De Luca (Paolo)
Direzione della fotografia: Roberto Amici, Scenografia: Roberto Petrocchi Montaggio: Riccardo De Luca, Musiche originali: Nicola Buffa. Costumi: Elisa Turchetti.
Estratti recensioni
E molto raro, soprattutto nell’attuale stagione del cinema italiano, che un’opera prima riveli tanta padronanza del mezzo tecnico e un così persuasivo rapporto tra forma e contenuto. Pure rendendo visibilmente omaggio alle tematiche e allo stile di Antonioni, il film possiede una bella maturità di linguaggio, una grande sincerità d’ispirazione ed un buon retroterra culturale. (…) Ottima la fotografia. Ma colpiscono soprattutto il gusto dell’inquadratura, con cui Petrocchi carica spesso d’emozione le immagini e la densità della rappresentazione. Sposando l’espressività del visivo alla funzionale sobrietà del parlato, Roberto Petrocchi ci dà un film davvero interessante e tale da rivelare un talento naturale che potrà dare un sensibile contributo al ricambio generazionale del cinema italiano.
Giovanni Grazzini – Corriere della Sera
(…)Tra i pregi del film, rilevante è la qualità figurativa, che riesce a superare anche le limitazioni del mezzo tecnico – le riprese in Super 8 – e del budget: nella scelta e nella costruzione delle immagini, l’autore mette in mostra ottime doti d’inventiva ed una matura capacità realizzativa Nello sviluppo del tema, sono da apprezzare alcune soluzioni d’interessante originalità.
Enrico Rossetti – L’Espresso
Film a soggetto molto particolare questo scritto e diretto dal giovane regista Roberto Petrocchi, in quanto più che di una vicenda vera e propria con evolversi di fatti ed avvenimenti, siamo di fronte ad un’opera di riflessione, di analisi, ricca d’introspezione psicologica. Film di suggestioni che rivela nel giovane regista un gusto notevole per l’inquadratura, una felice predisposizione per il dettaglio, per il particolare, retaggio della sua trascorsa esperienza di documentarista. Se il tema prescelto è quanto mai arduo per un regista d’esordio, le soluzioni stilistiche a cui perviene sono tutte valide.
Luigi Saitta – Il Tempo
(…)Immagini ricche di suggestioni e significati sociali: marine che ci hanno ricordato Carrà; esterni alla Sironi; folle dall’espressione indecifrabile che attendono la benedizione papale, ma che si animano di vera fede quando arriva il goal della Roma. Immagini che possono essere lette e che ci consentono d’incoraggiare il Petrocchi a scriverne delle altre.
Callisto Cosulich – Paese Sera
Il film “Abbandonarsi alla quiete” rivela una pratica coltivata sull’importanza dei dettagli, sulla composizione elaborata dell’inquadratura, sulle atmosfere create da precise dominanti cromatiche (…)Le immagini preziose (a volte addirittura iper- letterarie) di cui si serve Petrocchi, sono davvero qualcosa di raro nell’attuale panorama del cinema italiano off. Così come sono degni di nota alcuni espedienti d’ordine espressivo, come quello di far dialogare il protagonista con interlocutori fantasmi e mostrarne il volontario isolamento.
Claudio Camerini – La rivista del Cinematografo