MORIRÒ IN PIEDI (2021) Italia. Durata 75’

Sinossi
Oriana Fallaci incontra, per un’intera giornata, uno dei suoi pochi amici: il politico e scrittore Riccardo Nencini. Occasione per interrogarsi sulla propria vita e il suo rapporto con il trapasso. Confessare di voler morire a Firenze, nella Torre dei Mannelli, dove fu giovanissima partigiana.
Note di regia
Lavoro da anni ad un progetto filmico su Oriana Fallaci (la sua confessione e testamento spirituale, raccontati nel libro “Morirò in piedi” di Riccardo Nencini, edito da Polistampa), senza ritenerlo mai davvero compiuto, ‘risolto’: nel cinema, quanto nella letteratura e il teatro, del resto, non si finisce mai di esplorare per non precludersi, fino all’ultimo, la possibilità di comprendere. Vi sono, tuttavia, momenti nei quali l’urgenza di raccontare muove l’accettazione della ‘sfida’, senza la possibilità di opporvisi. È quanto mi è capitato negli ultimi tempi: è la ragione per cui avere la teatrale – aspirazione, per quanto mi riguarda, pari a quella del lavoro di trasposizione cinematografica -, che ha significato poter dare seguito all’itinerario espressivo intrapreso, con quello di ricerca della complessa figura di Oriana Fallaci.
Tema centrale è il ritratto intimo di una Donna, oltre le liturgie ideologiche verso il ‘personaggio’; l’identità privata, talvolta inedita, intrisa di dolore, umanità. E di Verità: in virtù dell’incontro con l’amico Riccardo, Oriana rivela l’urgenza di non rinnegare sé stessa; al tempo stesso, di non aver timore di chiedere aiuto e – consapevole dell’imminente fine – d’essere compresa, pur senza l’aspirazione di piacere ad ognuno. Una Donna, nella quale non viene mai meno il coraggio, che con la scoperta della malattia ha mutato il suo rapporto con sofferenza, la vita; e la morte: renderla dignitosa, prepararsi all’assalto finale del cancro senza arrendersi, senza tradire.
Regia: Roberto Petrocchi, riduzione teatrale: Roberto Petrocchi dal libro “Oriana Fallaci – Morirò in Piedi” di Riccardo Nencini. Edizione
Polistampa, Produzione: Eventi Pagliai – Teatro Niccolini.
Disegno luci: Michele Forni, Scene: Barbara Bessi, Montaggio immagini audio-video: Pietro Laino, Costumi: Musiche: Kevin MacLeod,
Costumi: Sandra Gardini.
Estratti recensioni
(…) Significative sono le parole di Riccardo Nencini, “Questa è l’unica immagine che sopravvive a Oriana Fallaci. Come suo amico intimo, sento il bisogno di ricostruire le parti mancanti. Fu lei stessa a dirmi: pensaci tu a raccontarmi alla città che mi tratta male”. Lo spettacolo teatrale racconta la conversazione di un pomeriggio tra Riccardo Nencini e Oriana Fallaci, ma soprattutto, narra la storia di una Donna, del suo amore per la vita e per la libertà. Attraverso le sue confessioni riportate nello spettacolo, Oriana Fallaci rivela al pubblico i suoi segreti più intimi, la sua femminilità, il rimpianto di non avere vissuto la maternità, offrendo un resoconto umano e doloroso, vero (…). Invito il pubblico mondiale che l’ha criticata e amata, dubitata e questionata, a vedere questo spettacolo, per conoscere veramente il lato di donna che la Fallaci ha sempre nascosto: la sua vulnerabilità, fragilità. Mi sento di ringraziare Riccardo Nencini, per avere condiviso una storia di grande umanità, che va oltre l’odio e il rispetto nella narrazione dell’intimità di una donna durante una malattia annientante. E vorrei porgere un altro, importante, ringraziamento, a Roberto Petrocchi, e il suo desiderio di raccontare una storia autentica, contrapponendosi ad una drammatizzazione; come Nencini che preferisce la verità. Anziché il solito ritratto mediatico della Fallaci, trova vita, infatti, sul palcoscenico un’immagine finalmente autentica, Vi invito ad assistere allo spettacolo al Teatro Niccolini, per ascoltare la bellezza e il dolore di una storia sincera: l’onore di essere testimone di una confessione profondamente avvincente.
Alma Salvaggia Rinaldi – Florence is You
Giulia Weber ed è perfetta nel ruolo della Fallaci, come ce la immaginavamo, come l’avremmo voluta. Lo spettatore si trova immediatamente catapultato nella scena e assiste, nella penombra, in disparte, alla conversazione tra i due amici avvenuta durante quell’indimenticabile pomeriggio d’estate in cui Nencini – qui interpretato da – raccolse il testamento morale della grande scrittrice e giornalista.(…) Il Personaggio di Oriana trasmette la stessa determinazione della protagonista della vicenda che più volte rivelò di non sentirsi ancora vinta dall’“Alieno” (come chiama il cancro che l’aveva colpita), che comunque sarebbe morto con lei. Nelle affermazioni più convinte l’attrice alza lo sguardo spavalda, verso quell’orizzonte teatrale immaginario, svelando al pubblico i suoi occhi azzurri e severi, proprio come quelli di Oriana. Verso il termine della rappresentazione, un omaggio alla madre della Fallaci nella scena in cui la protagonista ha uno scambio di tenerezza con l’altro personaggio femminile: anche questo un momento molto toccante. Poi il palco si svuota. Si ode un altro ticchettio: questa volta è quello di un orologio che evoca il crudele scorrere del tempo.
Fulvio
Cauteruccio La vita, l’amata vita, è passata in un soffio: la protagonista di questa incredibile storia è consapevole di non avere più possibilità di riscatto, ma non ha paura. Non intende piegarsi al destino e come sempre, libera e spavalda afferma: «Sono alla fine, Riccardo, e voglio morire a Firenze. Ed ora ci siamo. Ma morirò in piedi, come Emily Brontë». Si spengono i riflettori. Scroscio di applausi.
Paola Bolletti – Persinsala
Afferma Petrocchi: «Oriana ha conosciuto i potenti del mondo che ha sfidato dialetticamente, ma pochissimi sono stati suoi amici veri. Appartiene a questo ristretto novero, Riccardo Nencini depositario del suo testamento morale: la confessione delle sue paure, i suoi sogni, le fragilità, la segreta solitudine». Fisicamente – ma non mentalmente – piegata dalla malattia, Fallaci rivela un’identità privata, inedita e tuttavia leggibile tra le righe di alcune sue opere. La scenografia è evocativa: in un salotto d’altri tempi, il fumo di sigaretta rende l’aria tangibile; sul pavimento e sul tavolo giacciono fogli sparsi, vinili, bicchieri di champagne. Sullo sfondo nero sono proiettate immagini e filmati d’archivio. Privato e pubblico si sovrappongono: la scrittrice non può evitare di portare il lavoro a casa; le pareti della sua stanza diventano scenario di attualità, di guerra, di distruzione. Il regista esprime così la differenza tra l’immagine idealizzata dello “scrittore” – tutto genio e ispirazione – e la realtà del processo di scrittura: il continuo fare e disfare, il rigore, la dipendenza e insieme l’ossessione provocata del ticchettio della macchina da scrivere e delle lancette dell’orologio, segni del tempo che passa.
Benedetta Colasanti – Drammaturgia